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31.10.2017

Il reato di trasporto illecito di rifiuti ha natura istantanea e si realizza anche con una singola condotta tipica

Per le imprese che effettuano la raccolta ed il trasporto di propri rifiuti non pericolosi provenienti da un'attività ordinaria e continuativa, la Corte di Cassazione (sentenza 44438/2017) conferma l’obbligo di iscrizione all'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali ex Art. 212, comma 8 del D.Lgs 152/2006.

Si considerano "rifiuti propri" i "rifiuti costituenti parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti"

Tale obbligo sussiste anche in caso di trasporti occasionali e/o episodici.

Ai fini della configurabilità del reato di trasporto non autorizzato di rifiuti propri di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), del cit. D.Lgs. è sufficiente anche una condotta occasionale, detto reato ha natura istantanea e si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica.

E' stata riconosciuta però la "tenuità del fatto" di cui all'art. 131-bis  Cod. Pen., con annullamento della sentenza impugnata, infatti, la occasionalità del trasporto, peraltro relativo ad una limitata quantità di rifiuti ferrosi (in tutto di 10 mc), e la circostanza che i rifiuti fossero stati conferiti ad un impianto autorizzatoha indotto i giudici della S.C. a sentenziare che: "nella condotta dell'imputato non era ravvisabile un intento criminoso associato alla indifferenza per le conseguenze ambientali derivanti dalla condotta posta in essere ma, semplicemente, una colposa ed episodica inosservanza delle formalità prescritte in relazione alla attività di trasporto dei rifiuti autoprodotti nell'esercizio della impresa, giustifichi l'annullamento della sentenza impugnata.

In merito alla natura giuridica del “trasporto occasionale”, la S.C. ha più volte condannato, ricorrendone la fattispecie di cui all’art. 256, comma 1 del D.Lgs 152/2006: "chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza delle autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni prescritte dagli artt. 208-216”, pertanto, deve essere qualificato quale “reato comune” limitatamente ai soggetti obbligati a richiedere un’autorizzazione o altro titolo abilitativo per l’esercizio delle attività richiamate dall’art. 256, comma 1.

Differentemente, nel caso in cui un soggetto privato abbandoni i propri rifiuti e che a tal fine li trasporta con i propri mezzi, non configura il reato di cui all’art. 256, comma 1, bensì quello sanzionato dall’art. 255, comma 1, poiché il trasporto è complementare all’abbandono, punito con sanzione amministrativa pecuniaria (Cass 41352/2014).

Tale ultima tesi non si è consolidata nella recente giurisprudenza della S.C., infatti, l'agente può essere "chiunque" eserciti abusivamente una delle attività di gestione indicate, in via alternativa, nell'art. 256 cit. (fattispecie a condotte alternative), anche se non costituito formalmente in veste imprenditoriale; ciò che rileva, dunque, per assumere la veste di agente del reato non è una qualifica soggettiva (una forma imprenditoriale, necessaria, ad esempio, per l'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali), bensì la concreta attività posta in essere (Cass. 8193/2016).

Parimenti nel caso di trasporto di rifiuti svolto da un privato c.d. “ambulante”, non finalizzato all’abbandono, ma destinato ad un impianto autorizzato allo stoccaggio e/o trattamento dei rifiuti, in tale ipotesi, anche se trattasi di un soggetto privato, pone in essere un’attività imprenditoriale sottoposta alla preventiva autorizzazione comunale prevista dall’art. 266, comma 5 del D.Lgs 152/2006, espressamente in deroga alle disposizioni ordinarie di cui agli artt. 189, 190, 193 e 212 del D.Lgs 152/2006.

A cura di Luca D'Alessandris

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