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27.06.2018

Ecoforum Legambiente 2018

Il principale modello di business praticato dalle aziende che puntano sull'economia circolare è legato al recupero delle risorse (61,2%). Questo quanto emerge da una ricerca sull’economia circolare presentata al convegno di apertura della prima giornata dell'Ecoforum 2018 di Legambiente, ieri a Roma. La ricerca evidenzia anche che per il 52% delle imprese l'occupazione è aumentata sia attraverso l'assunzione di nuove figure professionali tecniche sia con l'aggiornamento delle risorse interne".

I dati - frutto di un'indagine sulle "opportunità di business e di innovazione dell'economia circolare e l'industria 4.0", realizzata dal Laboratorio manifattura digitale del dipartimento di scienze economiche e aziendali dell'università di Padova sulle prime 50 imprese tra le 231 manifatturiere che praticano l'economia circolare - raccontano come tra le principali motivazioni che spingono verso l’economia circolare ci siano ragioni di natura etica e di responsabilità sociale d'impresa (89,6%), legate al mercato (aumento del valore del prodotto offerto, 81,2%); mentre il principale beneficio conseguito è legato al miglioramento della reputazione aziendale(86,6%). Dallo studio emerge che "l'economia circolare offre ampi spazi alle imprese per ripensare il proprio modo di innovare e di competere, attraverso una gestione più efficiente delle risorse, ma anche una maggiore attenzione verso il mercato secondo nuovi modelli di business"; un percorso in cui hanno "un ruolo decisivo le tecnologie nell'ambito di Industria 4.0".

L'identikit dell'imprenditore dell'economia circolare è quello di "un innovatore 'solitario' che crea sviluppo in sinergia con gli enti di ricerca, crea lavoro e nuove professionalità, senza godere di un adeguato sostegno economico, normativo e d'impresa". Le imprese - viene spiegato - "hanno investito soprattutto nelle attività di marketing e commerciali(61,7%) e nelle attività di ricerca e sviluppo e rinnovo del proprio portafoglio prodotti (47,9%). Il 52% delle imprese dichiara che l'occupazione è aumentata a seguito dell'adozione di pratiche di economia circolare, attraverso sia l'assunzione di nuove figure professionali tecniche sia l'aggiornamento delle risorse interne". L'investimento nell'economia circolare è avvenuto "in prevalenza con capitale proprio per l'80% delle imprese, attraverso la collaborazione con fornitori di materiali(57,8%) e università o centri di ricerca pubblici (48,9%)". Le principali difficoltà "non sono di natura tecnologica, quanto legate ad una legislazione inadeguata o contraddittoria (48,9%) oppure connesse al prezzo dei prodotti 'circolari' realizzati (48,9%)".

"L'economia circolare nel nostro Paese è già una realtà in diversi territori grazie al lavoro prezioso di istituzioni, società pubbliche e aziende private virtuose. Ma per far decollare il settore serve rimuovere gli ostacoli non tecnologici ancora presenti nel nostro Paese". Così il presidente di Legambiente Stefano Ciafani.  "La burocrazia asfissiante, l'inadeguatezza di alcuni enti pubblici, le autorizzazioni sbagliate, i decreti 'end of waste' sulle materie prime seconde che non arrivano mai - osserva Ciafani - il mancato consenso sociale per la realizzazione dei fondamentali impianti di riciclo, sono questioni che vanno affrontate una volta per tutte per voltare pagina in tutto il territorio nazionale. Solo così - continua - riusciremo a mantenere una leadership europea sull'economia circolare conquistata grazie ad alcuni attori visionari e coraggiosi". "Le imprese di raccolta e di rigenerazione degli oli minerali usati - spiegato il presidente del Conou (Consorzio per il recupero e trattamento degli oli usati) Paolo Tomasi - hanno dato vita negli anni a una filiera virtuosa che è oggi tra i principali operatori dell'economia circolare italiana. Nel nostro Paese la quasi totalità dell'olio lubrificante usato viene raccolto, e il 98% è avviato a riciclo tramite rigenerazione". "Il quadro della situazione delle imprese dell'economia circolare che emerge dalla ricerca è paradigmatico della situazione del nostro Paese - dichiarato il vicepresidente del Kyoto Club Francesco Ferrante - non poteva essere diversamente essendo quelle prese in esame le realtà imprenditoriali più dinamiche. Il talento, le capacità innovative, l'impegno sulla responsabilità sociale delle nostre imprese migliori ci indicano la strada da battere per uscire da una crisi troppo lunga".

Fonte: Ansa